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05-09-2011

Libia/Algeria

Algeri tra doppiogiochismo e neutralità sulla crisi libica

Rinascita - L’Algeria di Bouteflika “temporeggia” nel dare giudizi sul dopo Gheddafi. Per il momento è l’unico Paese del Nordafrica che giovedì scorso alla conferenza di Parigi non ha riconosciuto il Comitato Nazionale di Transizione come legittimo sovrano del territorio libico. Non essendosi schierati con o contro la Jamahiriya, i rappresentanti algerini si sono detti “neutri” sul conflitto occidentalo-tribale che sta squarciando la limitrofa Libia. Una posizione che è stata rimessa in discussione dai cosiddetti “ribelli” - sostenuti e finanziati da tutto il mondo occidentale –, mentre questo fine settimana le proteste si sono accentuate quando la stampa internazionale ha fatto sapere che “sotto la responsabilità degli algerini” il Paese da e darà rifugio alla moglie del “Colonnello”, Safyia, oltre che alla figlia Aïcha e ai due figli Hannibal e Mohammed.
Il premier Ahmed Ouyahia (foto) si è dovuto infatti giustificare poiché le reazioni aggressive dei complici guerrafondai filo-atlantici hanno preoccupato il Paese Nordafricano. Ha parlato di “caso umanitario” per difendersi dalle torbide e squallide accuse, giustificandosi facendo riferimento all’Arabia Saudita amica nemica di Washington, che ha dato rifugio a Ben Ali e al suo clan, non suscitando scalpore mediatico. Lo ha chiamato solo “caso umanitario” nonostante gli eccellenti rapporti economico-diplomatici e la prospera cooperazione commerciale in 40 anni di Gheddafismo, infatti Ouyahia non ha potuto nasconderlo, avrebbe mentito a se stesso. Nel discorso di ieri ha rievocato la fratellanza tra il popolo algerino e la (ex ?) Jamahiriya: “l’Algeria possiede una storia, delle tradizioni e una civiltà, e la Libia, Paese fratello, ha una storia ancestrale, un popolo vicino con il quale condividiamo una passato glorioso e un avvenire radioso”.
Tuttavia, intimidito o doppiogiochista, il premier ha spiegato che in nessun contesto Algeri accoglierà Gheddafi, e che il suo unico auspicio risiede nel vedere una Libia stabile e sicura affinché si possa arrivare alla restaurazione di relazioni forti e solide per emancipare la struttura magrebina. Violente sono state le critiche dell’opinione internazionale, in primis quella francese con il capo della diplomazia dell’Eliseo Alain Juppé che ha espresso la sua insoddisfazione della posizione nei confronti dell’ex “colonia” poiché “ambigua”. Il Premier ha replicato affermando che “non c’è nessuna ambiguità nella posizione algerina concernente il conflitto libico, e che la sua neutralità non è sinonimo di complicità con il regime di Mu’ammar Gheddafi”, addirittura dicendo in conferenza stampa, che l’Algeria è pronta a riconoscere le autorità del CNT nella misura in cui i rappresentanti saranno in grado di rimettere il Paese libico sulla giusta direzione. Ergo, se un Paese non si omologa all’opinione filoatlantico-occidentale, riceve incriminazioni fino a quando non ricalca la linea del pensiero unico. L’Algeria ne è l’esempio.
Traballa tra il doppiogiochismo e la neutralità, tuttavia Bouteflika e il suo braccio destro Ouyahia non sembrano voler usare un pugno di ferro, poiché il rischio di trovarsi dei “ribelli algerini” è dietro l’angolo. L’Algeria è stata la nazione meno toccata dalla primavera araba e per questo motivo il governo si sta gia piegando alla diplomazia dominante. Gheddafi non potrà quindi contare su Algeri. O morirà da martire o vivrà da emblema per la causa anti-imperialista. Se no potrà rifugiarsi in terra venezuelana, dall’amico Chavez, uno che il pugno di ferro non ha paura di usarlo.


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